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ImageNelle opere di Stefano Chiacchella l’equilibrio della interpretazione figurativa si coniuga sapientemente con gli aspetti più prorompenti di quella emozionalità, che affondando le sue radici negli antichi archetipi incontaminati del nostro essere, si pone come unico e certo elemento per una esplorazione concreta della naturale   mutazione del divenire.  

Un equilibrio deciso tra un atto formale, che incentra il suo punto focale sulla armonia del  gesto pittorico, e quell’incontenibile istinto liberatorio che viene inevitabilmente celebrato dalle passionalità più generose.

Una sorta di commistione misurata tra razionalità e creatività, tra proporzione e  dismisura,  tra intelletto e  impulso primordiale, che,  per sua stessa natura, non può che essere alla base di un’opera d’arte.

E’ forse questo l’elemento sacrale che lo spettatore-fruitore, davanti alle tele dell’artista,  coglie senza mediazioni di alcun genere, senza interlocuzioni edotte, in modo diretto, immediato e deciso, e che diviene parte di se in una processualità impudente capace di coinvolgerlo attraverso percezioni esistenziali di grande fascino evocativo.

A produrre tutto ciò sono le atmosfere metropolitane, descritte da Stefano Chiacchella con coloriture a zone nette, che nascono dalla sua attenta osservazione di una realtà propositiva in costante mutazione, e che si connotano come referto di una quotidianità troppo spesso sdrucita, ma anche gravida di ricchezze valoriali da apprezzare ed amare.

In esse ci sono storie, racconti,  uomini e donne, fatti e avvenimenti, fermati sapientemente con zelo impressionistico capace di carpire, con quello spirito orfico
sempre presente, il senso stesso della dinamicità universale, in cui  anche la staticità più sfacciata diviene elemento di trasformazione e viceversa.
 
Una statica dinamicità, dunque, o una dinamica staticità,  legate in una sorta di ossimoro interpretativo della creazione, consumato nell’idea di fermare l’attimo fuggente in un raffinato fotogramma, pieno di nutrite simbologie e di altrettante metafore, per parlare di favole antropocentriche, di accadimenti delle umane genti, di quelle storie infinite, senza inizio e senza fine, che fluiscono vorticosamente  attraverso il cuore impavido dell’esistenza.  

Ed allora, in questa visione, il gesto pittorico di Stefano Chiacchella  diviene  non solo  docile elemento di notifica di una realtà travolgente, ma anche e soprattutto stimolo di propulsioni energetiche in cui l’intera azione, che vive al di fuori della tela, e di cui essa né è frammento, si materializza  inevitabilmente nella interiorità di chi guarda, in una definizione di precisi ruoli e di altrettanti intriganti accadimenti.

E’ proprio qui, in  questo frammento di vitalità, che l’immagine latente, carica di prorompenti idealità esistenziali, rivelandosi coloristicamente all’artista, finisce per concretizzarsi come sublime elemento di riflessione, come viatico di convulse evocazioni terrene, del quale l’osservatore non può che cogliere quella impalpabile dimensione trascendente, in cui razionalità, misura, armonia, bellezza si fondono con l’ebbrezza più sfrenata di sublimi trepidazioni corporee, in una sorta di calorica miscellanea emozionale, in grado non solo di rinvigorire ma anche e soprattutto di generare il seme stesso della vita.

Una intreccio perverso tra razionalità e passione, tra quello spirito apollineo, evocatore di equilibrio e di ponderazione - esclusivo del concetto stesso di estetica - e quello inevitabilmente dissacratorio dionisiaco - in cui è l’estatico ad  incedere senza tentennamenti e con la determinazione di una ricerca costante delle propulsioni più inebrianti della vita terrena - che suggella il sodalizio più sfacciato tra il senso stesso della bellezza e quello della passione, in una mistura esplosiva di fragranze contrapposte, capace,  per questa sua natura, di far scaturire arte come atto di naturale generazione spontanea.

 Non a caso Friedrich  Wilhelm  Nietzsche, nel  1872 celebrò, nella sua mirabile “Sintesi”, la nascita dell’arte ellenica proprio con l’intuizione che il suo sviluppo è legato alla duplicità dello spirito del dio Apollo e di quello del dio Dioniso “in continuo conflitto e solo in riconciliazione meramente periodica”.
 
Proporzione e trasgressione, quindi,  in un rapporto conflittuale, estemporaneo e travolgente, proiettato nelle storie di tutti i giorni, quello di Stefano Chiacchella, descritto deliziosamente ad arte,  per evocare …. l’arte.

Guido Buffoni

 

 

 
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